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Gen 2023
Sant’Agata, la protettrice di Catania

La Storia di Agata è documentata sui libri, ma è fatta anche di racconti, di storie tramandate di padre in figlio, di miracoli che sono stati attribuiti alla Santa quando ancora era in vita, a partire dal momento del suo martirio, con l’incontro con San Pietro che la guarì dalla menomazione alle mammelle.

Ma dopo la morte di Sant’Agata Catania, per più di una volta, uscì indenne, o quasi, da tragedie che avrebbero potuto spazzarla via. Ne ricordiamo alcune.

Per molti è stata proprio l’intercessione di Agata a salvare la città dalla distruzione a partire dal 252, quando l’Etna, con la sua lava, sembrò puntare dritta verso l’abitato, dopo aver già distrutto alcuni villaggi di periferia. I catanesi si riunirono in cattedrale e poi portarono vicino la colata il velo di Agata. La violenta eruzione, che aveva avuto inizio il primo febbraio si fermò proprio nel giorno in cui il calendario cristiano ricorda il martirio della vergine catanese, il cinque febbraio.

Quasi mille anni dopo, era il 1169, il 4 febbraio, alle 21, Catania fu scossa da un violentissimo terremoto. Ancora una volta i catanesi si rifugiarono in cattedrale per pregare, dove purtroppo, delle scosse avevano provocato dei crolli uccidendo il vescovo Aiello e 44 monaci, oltre ai fedeli che erano in chiesa per pregare. Sembra che solo quando il velo, ancora una volta, fu portato in processione le scosse finirono.

Un altro pericolo arrivò nel 1231 quando Federico II di Svevia, ordinò la distruzione di Catania, una delle città dell’isola che si erano ammutinate. Prima dell’esecuzione dello sterminio però in cattedrale si tenne un’ultima messa, così come chiesto dai catanesi. Durante la funzione Federico II rimase di stucco e cambiò idea, quando sul suo breviario lesse quello che gli sembrò a tutti gli effetti un avvertimento: Noli offendere Patriam Agathae quia ultrix iniuriarum est ( Non offendere il Paese di Agata perché è vendicatrice di ogni ingiustizia).

E poi arrivò la peste. Era il 1576, la malattia infestava le campagne attorno alla città. Solo quando le reliquie furono portate in processione prima e negli ospedali che ospitavano gli appestati poi, il contagio si bloccò e la guarigione ebbe inizio.

Nel 1669 fu un’altra eruzione a mettere in ginocchio Catania. Dai crateri che si aprirono lungo i fianchi del vulcano uscirono lava e lapilli per 68 giorni. Il fiume infuocato raggiunse la città, circondando Castello Ursino, ma non inghiottì i luoghi del martirio di Agata, puntando dritto al mare.

Noi ve ne abbiamo raccontati alcuni, ma l’agiografia agatina è piena di altri episodi come quelli citati fin qui, tutti da scoprire e immaginare.

Ph Salvo Puccio

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