01
Mar 2019
Il ratto di Proserpina

La Sicilia è da sempre stata un crocevia di popoli e dominazioni che l’hanno resa teatro di tanti, tantissimi miti riconducibili alle più svariate civiltà. Fra questi, da raccontare, c’è sicuramente la storia di Proserpina (nome latino della dea greca Persefone – o Kore – la cui etimologia potrebbe rimandare alla “crescita del grano”), figlia di Cerere, che viene rapita dal re dell’Ade Plutone mentre stava raccogliendo fiori sulle rive del lago di Pergusa (nelle vicinanze di Enna) perché possa diventare sua moglie e regina degli inferi.

Il dolore di Cerere (Demetra, dea delle messi, nella versione greca del mito) è infinito. Così dopo nove giorni e nove notti insonni di dolore si rivolge a Giove perché Plutone le restituisca la figlia. Giove, però, non vorrebbe “tradire” suo fratello Plutone e temporeggia; al silenzio di Giove Cerere risponde con l’ira e la vendetta; provoca la siccità in tutta la terra… E dopo la siccità, la carestia: uomini e animali morivano, ma Cerere era irremovibile.

Giove è così obbligato a inviare Mercurio, il messaggero degli dei, nell’oltretomba per imporre a Plutone di restituire Proserpina alla madre. A Plutone, non resta che obbedire, ma prima di lasciare andare Proserpina mangia con lei dei chicchi di melograno che l’avrebbero legata per sempre al regno degli morti (la giovane, ignorava, infatti che chi mangia i frutti degli inferi è costretto a rimanervi per sempre). Cerere, così, ottiene che la figlia possa stare con lei, sulla superficie della terra per sei mesi l’anno (che coincidono con la primavera e con l’estate), ma gli altri sei mesi (l’autunno e l’inverno) Proserpina doveva tornare nell’Ade dal marito Plutone.

Il mito che spiega l’alternarsi delle stagioni ha varie versioni, alcune delle quali collocano l’evento sui pendii dell’Etna (il cui cratere centrale sarebbe proprio una delle porte del regno degli inferi) è collegato a numerosi altri tra cui quello di Ciane (la fanciulla amica di Proserpina che tentò di impedirne il ratto) che fu trasformata da Plutone in una sorgente che ancora oggi porta le proprie limpide acque fino a Siracusa.

Il maggiore culto nel mondo greco fuori dalla madrepatria era a Catania, come testimonia Cicerone nelle Verrine. Proprio nel capoluogo etneo, infatti, è venuto alla luce il più esteso deposito votivo esistente, la stipe votiva di piazza San Francesco, nel quartiere di Cibali dove si diceva che fosse presente una grotta dalla quale era fuoriuscito il dio degli inferi per rapire la fanciulla. Questa cavità, oggi perduta, è stata identificata con la Grotta di San Giovanni nel quartiere di San Giovanni Galermo.

 

 

Nello scatto la fontana di Piazza Giovanni XXIII che ritrae la dea Proserpina rapita da Plutone dio dell’Oltretomba. Lo scatto è a cura di Salvo Puccio.

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