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Dic 2016
La leggenda di Colapesce

La leggenda di Colapesce è una delle più belle e famose della Sicilia e racchiude in sé il particolare legame che unisce ogni siciliano al mare che circonda per intero la propria terra.

Questa storia racconta di un ragazzo che di nome faceva Nicola, ma che tutti chiamavano Cola.

Cola era il figlio più piccolo di una numerosa famiglia di pescatori, che viveva a Messina. Amava il mare incondizionatamennte e gli piaceva immergersi nell’acqua fino ad arrivare nei profondi abissi, per ammirare la sconfinata varietà di pesci e per scoprire tutti i segreti che nascondevano i fondali. Il ragazzo era tanto innamorato del mare da trascorrere più tempo in acqua che sulla terra ferma dalla quale spariva, a volte anche per diversi giorni.

Quando tornava a casa Cola raccontava storie straordinarie sulle creature che abitavano gli abissi: lotte feroci di pesci giganti, foreste sconfinate di coralli, case sottomarine di città antichissime inghiottite dai flutti, e cosi via. I suoi racconti lasciavano increduli quanti lo ascoltavano e tutti lo credevano matto, a cominciare dalla sua stessa famiglia.

Cola amava i pesci e non sopportava che qualcuno li uccidesse, per questo spesso rigettava in mare quelli che il padre ed i fratelli pescavano. La madre era disperata e non sapeva più che fare con questo figlio scansafatiche, che non solo non provvedeva a lavorare, ma si permetteva pure il lusso di vanificare il lavoro del marito e degli altri figli.

A dispetto dei pessimi rapporti con la famiglia, però, la fama di Colapesce si diffuse tra la gente fino ad arrivare alle orecchie di re Federico II il quale, incuriosito da questo strano personaggio, volle conoscerlo.

I due si incontrarono a bordo della nave reale, al largo di Messina. Il Re volle subito mettere alla prova le capacità di Colapesce e constatare se fossero vere le voci sul suo conto. Prese una coppa d’oro e la gettò in mare, chiedendo al ragazzo di riportargliela. Cola si immerse e dopo alcune ore tornò a galla con la coppa in mano.

Il Re, stupefatto da una simile impresa, si fece raccontare dal ragazzo cosa avesse visto in fondo al mare ma nutriva ancora qualche dubbio, motivo per cui decise di mettere nuovamente alla prova le abilità di Colapesce: prese la corona e la gettò in mare. Cola si immerse, ma tornò a galla dopo due giorni e due notti con il viso intristito.

Disse di aver visto la Sicilia poggiata su tre colonne: la prima completamente integra; la seconda leggermente scheggiata; ma la terza, quella tra Catania e Messina, molto danneggiata, a causa di uno strano fuoco che divampava in fondo al mare e che la consumava.

Re Federico non riusciva a credere alle parole del ragazzo. In effetti non era facile credere che esistesse un fuoco in grado di divampare negli abissi. Fu così che chiese a Colapesce di immergersi ancora e portargli delle prove.

Il ragazzo non voleva saperne di immergersi di nuovo, perché era molto pericoloso, ma quando il Re gli diede del codardo, gettando in mare l’anello della principessa, decise di immergersi ancora una volta. In questa occasione però portò con sé un sacchetto di lenticchie dicendo che se le avessero viste tornare a galla, era il segno che lui non sarebbe mai più tornato.

Dopo alcuni giorni le lenticchie tornarono a galla, insieme all’anello, ma di Colapesce non si seppe più nulla. Molti sostengono che sia rimasto in fondo al mare a sorreggere la colonna, ormai distrutta, e proteggere la Sicilia dalla sua distruzione.

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