La classe operaia va in Paradiso da Gammazita

Lunedì 14 gennaio, da Gammazita proiezione di La classe operaia va in Paradiso, anno 1971, regia di Elio Petri.

Elio Petri è stato il primo italiano ad entrare in fabbrica analizzandone il sistema dall'interno con il rivoluzionario film "La classe operaia va in Paradiso".
In Italia la pellicola sollevò critiche da ogni parte industriali, sindacalisti, studenti, ma fece incetta di premi: Gran Prix di Cannes e David di Donatello per il miglior film, Nastro d’Argento per la migliore attrice protagonista a Mariangela Melato e soprattutto menzione speciale di Cannes per Gian Maria Volontè, protagonista assoluto della scena ed ennesima conferma per chi lo considera il vero grande eroe rivoluzionario cinematografico italiano.

Il binomio Elio Petri-Gian Maria Volontè è sicuramente una delle più belle e preziose perle che sia riuscito a regalarci il cinema italiano nella sua lunga e gloriosa storia. Il fatto che poi, in questo film, ci fosse un terzo incomodo di lusso come Ennio Morricone a immortalare musicalmente le capacità mimetiche e versatili dell’attore milanese e quelle stilistiche del grande regista romano è un valore aggiunto non da poco, che ha permesso ad una serie notevole di film come "A ciascuno il suo", "Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto", "La proprietà non è più un furto", "Todo modo" e "La classe operaia va in paradiso" di passare alla storia conquistando tutta Europa.

Il filo conduttore comune a queste opere è l’impegno civile e politico di due intellettuali-operai, che misero la propria vita e il proprio lavoro al servizio di un ideale, pensando di poter cambiare la società anche partendo da una diversa concezione di cinema, portata ad analizzare e ritrarre i problemi reali della quotidianità. La strada scelta non è quella di un progetto pedagogico, bensì quella di rappresentare in maniera cruda ed enfatica le contraddizioni della società, lasciando allo spettatore il compito di trarre le conclusioni da opere senza dubbio schierate e di parte.

"La classe operaia va in paradiso" è un lucido documento di un’epoca, un'istantanea che resta tutt’oggi validissima per capire problemi mai passati di moda. A Petri va il merito di aver scritto anche soggetto e sceneggiatura (assieme a Ugo Pirro) e di aver portato avanti un progetto scomodo (giudicato tale da parte della stessa sinistra politica e sindacale italiana) con quel necessario spirito critico e nuovo che è indispensabile per regalare alle generazioni contemporanee e future una vera opera d’arte.

IL FILM
Ludovico Massa, detto Lulù, operaio in una fabbrica metalmeccanica, è una sorta di campione del cottimo: nessuno dei compagni riesce a eguagliare il suo ritmo produttivo. Benvoluto dal padrone, che adegua al suo rendimento quello degli altri operai, non è troppo ben visto dai compagni di lavoro. D'altra parte, nemmeno Lulù è contento di se stesso: produce, consuma in quanto ha la macchina, il televisore, la casa piena di oggetti inutili, ma si ammazza di fatica, tanto da non aver più nemmeno la forza di avere rapporti con la donna con cui vive. Tuttavia, malgrado le visite sconfortanti che fa a un ex compagno finito dalla fabbrica in manicomio, Lulù continua a tenere i suoi ritmi massacranti di lavoro finché un giorno ci rimette un dito. Completamente cambiato, si schiera contro il meccanismo del cottimo, sostenendo - d'accordo con un gruppo di estremisti extraparlamentari e contrario ai sindacati - la necessità di uno sciopero a oltranza. Scoppiano tafferugli con la polizia e Lulù viene licenziato in tronco. Abbandonato dalla sua compagna, cui importava soltanto avere una pelliccia, e dagli stessi estremisti, che giudicano il suo come un caso personale e perciò estraneo alla lotta, Lulù, grazie all'intervento dei sindacati, viene riassunto. Ma ormai è anch'egli alle soglie della pazzia, e ai compagni, impegnati come sempre in una frenetica lotta coi tempi di lavorazione, favoleggia di un muro da abbattere oltre il quale c'è il paradiso della classe operaia.

14 Gen 2019
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